“Tutta
la fatica dell'uomo è per la sua bocca, eppure il suo desiderio non
si sazia mai.” (Qo 6,7)
Mangiatore di vento, olio su tela, 50x70, 2009 |
Che
sapore ha l'esistenza? Se l'uomo potesse scegliere, di quali pietanze
riempirebbe la sua tavola? Forse di ricchezze, di sapienza, di
scienza, di ricordi, di illusioni, di ore, di tutto ciò che la sua
bocca riesca a contenere. Egli potrebbe così deliziare i suoi
invitati, stupirli, riempirli. Ma la musica che avvolgerebbe il suo
banchetto non sarebbe altro che hebel, il vuoto,
l'inconsistenza, una nebbia insapore che nasconde tutto e al cui
svanire mostra solo ombre. L' hebel è come un vento, al suo
passaggio muove ogni cosa, ravviva, fa sentire la sua melodia, ma
solo per un attimo, poi torna il silenzio, tutto si pietrifica,
finché non arriva un soffio diverso, da un altro punto, ma ancora
una volta illusorio. La fame di vento non offre riposo, corrode
l'uomo dall'interno e lo riempie di ansie invincibili. La ragione di
tutto questo sta nella realtà di chi non è più capace di provare
gusto per la sua esistenza, di chi si accontenta di continuare a
ruotare nel vortice del vento e di restarne mutilato o stanco.
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